Con l’avvio delle Fatture Elettroniche è ritornata l’attenzione sul tema relativo alla possibilità di scaricare IVA e costo derivanti da fatture relative a beni e servizi utilizzati in modo promiscuo.
Tipico esempio è quello relativo alle utenze dell’abitazione utilizzata come sede della propria ditta individuale o attività professionale.
La domanda che molti si pongono è la seguente:
un soggetto individuale con partita IVA (ditta o professionista) che utilizza la propria abitazione in modo promiscuo anche come ufficio può detrarre l'Iva e dedurre i costi, seppur in percentuale, delle fatture relative alle utenze (luce/telefono/riscaldamento/ecc.) che riceve:
1) solo in modalità analogica (cartacea)
2) senza l’indicazione della partita IVA (e quindi con il solo codice fiscale)
3) sulla base di contratti di fornitura sottoscritti come utente privato e non “business”
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COSA PREVEDE LA NORMATIVA IVA
L’articolo 21, comma 2, lett. f), D.P.R. 633/1972 richiede espressamente che nella fattura venga esposto il “numero di partita Iva del soggetto cessionario o committente ovvero, in caso di soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro dell’Unione europea, numero di identificazione Iva attribuito dallo Stato membro di stabilimento; nel caso in cui il cessionario o committente residente o domiciliato nel territorio dello Stato non agisce nell’esercizio d’impresa, arte o professione, codice fiscale”.
A titolo esemplificativo, immaginiamo che un rappresentante di commercio, persona fisica che esercita attività di impresa come ditta individuale iscritta in Camera di commercio, sia in possesso di una partita Iva per la sua attività e di un codice fiscale alfanumerico (esempio: YZX KJW 85P16 L123U). Se effettua un acquisto come “persona fisica ditta individuale” occorrerà indicare la partita Iva in fattura, se l’acquisto è effettuato come “persona fisica consumatore finale” occorrerà indicare in fattura il codice fiscale.
Lo stesso vale per un acquisto effettuato da un professionista in possesso di partita Iva.
Gli articoli 19 e 25 del D.P.R. n. 633/1972 richiedono per la detrazione dell’Iva non solo che l’operazione sia effettuata ma anche che sia ricevuta la fattura e sia registrata. In entrambi gli articoli si fa testualmente riferimento a “beni ed ai servizi importati o acquistati nell'esercizio dell'impresa, arte o professione”.
CONCLUSIONE
La ricezione delle fatture con la mera identificazione del codice fiscale dell'acquirente non permette sicuramente la detrazione dell’Iva, neppure in modo parziale.
La questione è invece appare più incerta relativamente alla deduzione parziale del costo quando trattasi di spese relative a beni e servizi ad uso promiscuo ovvero parzialmente inerenti la sfera privata del contribuente.
L'Agenzia delle Entrate è intervenuta sull'argomento con la circolare 12/E del 03.05.2013 al paragrafo 6.3 dove si precisa che:
"ove l’acquisto riguardi beni o servizi ad uso promiscuo, in ossequio alle finalità della disposizione, si è dell’avviso che il destinatario che agisce anche in veste di soggetto passivo debba essere comunque identificato mediante l’indicazione del numero di partita Iva senza, ovviamente, dover indicare il codice fiscale del medesimo."
Non è chiaro se l'indicazione del numero di partita IVA sia richiesta solo ai fini della detrazione parziale dell'IVA o debba essere ritenuta necessaria anche per la deduzione parziale dei costi.
Nel caso delle utenze (luce/telefono/riscaldamento/ecc.), per ottenere l’indicazione nei documenti della partita IVA si rende necessaria una modifica contrattuale dei rapporti in essere con il fornitore con probabile variazione in aumento delle tariffe applicate quale utente business e non privato.
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Autore
ANDREA DAL PONTE
Ragioniere Commercialista e Revisore Legale
Viviamo in mondo dove la stupidità è ascoltata, l'intelligenza ignorata e l'educazione passata di moda. Nonostante questo, dopo l'onestà, il mio obiettivo è cercare di intercettare il cambiamento e calarlo nel quotidiano.